- Toscana
anno 2021
Giardino di Palazzo Pandolfini
Dal 23-05-2021
Descrizione
visita al giardino
Dimora
Il palazzo del vescovo Giannozzo Pandolfini sorse lungo la strada che conduceva a porta San Gallo e fu la prima residenza signorile di quella parte della città, considerata ancora decentrata e con caratteri agricoli. Nel luogo dove il vescovo si proponeva la costruzione della sua residenza, si trovava un antico oratorio dedicato a San Silvestro che ne impediva la realizzazione. La visita di papa Leone X nel 1515, grande amico dei Pandolfini, determinò però un’apposita bolla che decretava la soppressione dell’oratorio pubblico e il permesso della vendita dei beni al vescovo. Il Vasari testimonia che fu Raffaello a fare i disegni della fabbrica e aggiunge che fu inviato a Firenze Giovan Francesco da Sangallo, per soprintendere alla costruzione. Giannozzo Pandolfini morì nel 1525 e lasciò in eredità il palazzo, l’orto e quanto vi era contenuto al nipote Ferdinando, che lo portò a compimento. Secondo alcuni studiosi si deve a lui l’apposizione dell’iscrizione che corre sotto il cornicione in cui si ricordano il costruttore e i suoi protettori. Se la costruzione fosse stata simmetrica da entrambe le parti del portone, sarebbe certamente stata più monumentale e più equilibrata, ma il palazzo è altrettanto degno di ammirazione con questa sua irregolarità e con quella ampia terrazza scoperta all’altezza del primo piano che dà respiro e ampiezza insolita al non troppo vasto quartiere del piano nobile. La facciata interna sul giardino presenta al piano terreno una vasta loggia che doveva rappresentare l’antico ingresso principale, dal quale si accedeva alle altre sale terrene e alla scala che portava al piano superiore. In tempi recenti gli studiosi sembrano aver concordato che l’appendice del palazzo sulla destra del portone, non fosse in realtà prevista originariamente e che l’ala laterale che vediamo adesso, non è il fabbricato superstite di un mancato raddoppiamento cinquecentesco del palazzo, ma di una costruzione molto più tarda, adeguata stilisticamente a quella più antica (1731 - 83). Al conte Alessio Pandolfini (1835 - 1904) si deve un restauro generale dell’edificio che comprese l’abolizione dell’antico oratorio di San Silvestro rimasto incorporato nel palazzo quale cappella privata. La sua porta sulla strada fu sostituita da una finestra analoga a quelle vicine e l’ambiente interno fu trasformato in un vero e proprio ingresso che, mediante una nuova porta, fu messo in comunicazione con l’androne principale. Relativamente al giardino cinquecentesco possiamo farcene un’idea attraverso i versi del poeta Benedetto Varicensio (1525), che parla di un bel giardino ombroso nel quale si potevano ammirare una fontana con giochi d’acqua, un prato e alberi di arancio: tutti elementi che fanno della residenza di Giannozzo un luogo ideale tipico di delizie e di otium. La configurazione che l’orto aveva ancora ai primi dell’Ottocento, come risulta dalle piante dell’epoca, era quella di un giardino all’italiana articolato in due parti, una più piccola verso via San Gallo, dinanzi al loggiato, e l’altra, più grande, in angolo, tra via Salvestrina e via Larga. Il giardino piccolo era suddiviso in aiuole geometriche e vialetti con al centro una vasca adorna di una statua - attualmente la vasca, coronata dalla figura di un puttino, si trova all’interno dell’atrio di ingresso - ; intorno vi erano alberi da frutto e viti sistemati a spalliera. Il giardino grande era ripartito in 4 aiuole: la zona centrale era dominata da una collinetta artificiale, i muri perimetrali erano rivestiti di spalliere di agrumi e fiori, e vi erano anche un boschetto di cedri e limoni, una ragnaia formata da alloro e lecci e uno stanzone per i vasi. Nel 1806 Eleonora Pandolfini assunse la proprietà del palazzo. Non è chiaro quando sia avvenuta la trasformazione da giardino all’italiana a parco all’inglese, come è testimoniato per la prima volta in una pianta del 1876, ma si pensa tra il 1830 ed il 1840. Nel 1853 Eleonora decide di costruire un giardino d'inverno, che tuttora possiamo osservare sul lato del palazzo addossato al muro di cinta di via Salvestrina. I Pandolfini nella seconda metà dell'Ottocento erano famosi per la rarità di alcune specie coltivate quali per esempio, le cinerarie. La prassi del giardino all’inglese fa breccia a Firenze verso la fine del Settecento sulla base di correnti legate al movimento romantico. Questo modello diversamente da quello geometrico, aveva il vantaggio pratico di produrre un effetto scenico di dilatazione degli spazi, spesso limitati degli orti urbani, grazie all’uso di schemi irregolari e asimmetrici su cui venivano costruiti vialetti, colline e boschetti, creando al contempo percorsi simbolici.